04/07/11

io non ho mai detto di essere forte, che non sono paziente tanto si vede!

Saggezza popolare

La pazienza è la virtù dei forti.

Cicerone: dalla XIII Filippica

"Est omnino fortium virorum, quales vos esse debetis, virtutem praestare (tantum enim possunt), fortunae culpam non extimescere.

Sed quoniam ab hoc ordine non fortitudo solum, verum etiam sapientia postulatur (quamquam vix videntur haec posse seiungi, seiungamus tamen), fortitudo dimicare iubet, iustum odium incendit, ad confligendum impellit, vocat ad periculum; quid sapientia?"

me & myself

"I have no special talent. I am only passionately curious". (Albert Einstein)
"Lentamente muore...chi non parla a chi non conosce...Lentamente muore...chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce". (Martha Medeiros)
"Non ho mai incontrato un uomo così ignorante dal quale non abbia potuto imparare qualcosa". (Galileo Galilei)
"Nil sapientiae odiosius acumine nimio". (Seneca)
"E' curioso vedere che gli uomini di molto merito hanno sempre le maniere semplici, e che sempre le maniere semplici sono state prese per indizio di poco merito". (Giacomo Leopardi)
"Stay Hungry. Stay Foolish". (Stewart Brand)
"The heaviness of being successful was replaced by the lightness of being a beginner again, less sure about everything. It freed me to enter one of the most creative periods of my life". (Steve Jobs)
"La vraie générosité envers l'avenir consiste à tout donner au présent". (Albert Camus)
"Accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde". (Alessandro Baricco)
"Colui che conosce gli altri è sapiente; colui che conosce se stesso è illuminato. Colui che vince un altro è potente; colui che vince se stesso è superiore". (Laozi)

Vincent Van Gogh: studio & practice

The perfect match

You are walking through Paris, the city of romance. Perhaps you will meet the love of your life here. But as we know from the movies, you could just as easily pass each other by. As you enter the shop, the other person leaves via a side door. You continue with your life, completely unaware of what might have happened. Only the shop assistant has seen both of you, almost simultaneously. It could have been the perfect match.
A shop selling artists’ supplies in Montmartre was the setting for a similar encounter in 1887. Vincent van Gogh bought his canvas from the roll there, as did many other leading artists. But we could never find out who it was who came into the shop before him or after him.
Until now, that is: in an extraordinary research project the fabrics of artists’ canvases have been meticulously compared. This has revealed canvases from the same roll and it has emerged that the young artist Émile Bernard worked with exactly the same canvas as Van Gogh during the few months he spent in Paris. The two resulting paintings are now linked together for eternity – the perfect match.

Van Gogh Museum - Van Gogh’s Studio Practice

Edgar Allan Poe: F., do you mean something like this when you give me hints to the "third eye"? :P

The Purloined Letter
by Edgar Allan Poe
(1845)

"Nil sapientiae odiosius acumine nimio." [Seneca]
...

I was enjoying the twofold luxury of meditation and a meerschaum, in company with my friend C Auguste Dupin... For one hour at least we had maintained a profound silence...

"That is another of your odd notions," said the Prefect, who had the fashion of calling everything 'odd' that was beyond his comprehension, and thus lived amid an absolute legion of 'oddities'...

"Why, yes; and not exactly that either. The fact is, we have all been a good deal puzzled because the affair is so simple, and yet baffles us altogether."...

Fabrizio De André...l'album precedente ha questo titolo: "Mi innamoravo di tutto"

UN MATTO

Tu prova ad avere un mondo nel cuore
e non riesci ad esprimerlo con le parole,
e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride
e te, lo scemo che passa
e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro

E sì, anche tu andresti a cercare
le parole sicure per farti ascoltare :
per stupire mezz'ora basta un libro di storia,
io cercai di imparare la Treccani a memoria
e dopo maiale, Majakowsky, malfatto,
continuarono gli altri fino a leggermi matto

E senza sapere a chi dovessi la vita
in un manicomio io l'ho resituita :
qui sulla collina dormo mal volentieri
eppure c'è luce ormai nei miei pensieri,
qui nella penombra ora invento parole
ma rimpiango una luce, la luce del sole

Le mie ossa regalano ancora alla vita :
le regalano ancora erba fiorita.
Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina
di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina,
di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia
- una morte pietosa lo strappò alla pazzia

FABRIZIO DE ANDRE'
Dall'album "In direzione ostinata e contraria" (2005)


UNA STORIA SBAGLIATA

E' una storia da dimenticare
e' una storia da non raccontare
e' una storia un po' complicata
e' una storia sbagliata.

Comincio' con la luna sul posto
e fini' con un fiume d'inchiostro
e' una storia un poco scontata
e' una storia sbagliata.

Storia diversa per gente normale
storia comune per gente speciale
cos'altro vi serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

E' una storia di periferia
e' una storia da una botta e via
e' una storia sconclusionata
una storia sbagliata.

Una spiaggia ai piedi del letto
stazione Termini ai piedi del cuore
una notte un po' concitata
una notte sbagliata.

Notte diversa per gente normale
notte comune per gente speciale
cos'altro ti serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

E' una storia vestita di nero
e' una storia da basso impero
e' una storia mica male insabbiata
e' una storia sbagliata.

E' una storia da carabinieri
e' una storia per parrucchieri
e' una storia un po' sputtanata
o e' una storia sbagliata.

Storia diversa per gente normale
storia comune per gente speciale
cos'altro vi serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

Per il segno che c'e' rimasto
non ripeterci quanto ti spiace
non ci chiedere piu' come e' andata
tanto lo sai che e' una storia sbagliata
tanto lo sai che e' una storia sbagliata.

FABRIZIO DE ANDRE'
Dall'album "In direzione ostinata e contraria" (2005)


LA CATTIVA STRADA

Alla parata militare
sputò negli occhi a un innocente
e quando lui chiese "Perché "
lui gli rispose "Questo è niente
e adesso è ora che io vada"
e l'innocente lo seguì,
senza le armi lo seguì
sulla sua cattiva strada.

Sui viali dietro la stazione
rubò l'incasso a una regina
e quando lei gli disse "Come "
lui le risposte "Forse è meglio è come prima
forse è ora che io vada "
e la regina lo seguì
col suo dolore lo seguì
sulla sua cattiva strada.

E in una notte senza luna
truccò le stelle ad un pilota
quando l'aeroplano cadde
lui disse "È colpa di chi muore
comunque è meglio che io vada "
ed il pilota lo seguì
senza le stelle lo seguì
sulla sua cattiva strada.

A un diciottenne alcolizzato
versò da bere ancora un poco
e mentre quello lo guardava
lui disse "Amico ci scommetto stai per dirmi
adesso è ora che io vada"
l'alcolizzato lo capì
non disse niente e lo seguì
sulla sua cattiva strada.

Ad un processo per amore
baciò le bocche dei giurati
e ai loro sguardi imbarazzati
rispose "Adesso è più normale
adesso è meglio, adesso è giusto, giusto, è giusto
che io vada "
ed i giurati lo seguirono
a bocca aperta lo seguirono
sulla sua cattiva strada,
sulla sua cattiva strada.

E quando poi sparì del tutto
a chi diceva "È stato un male"
a chi diceva "È stato un bene "
raccomandò "Non vi conviene
venir con me dovunque vada,
ma c'è amore un po' per tutti
e tutti quanti hanno un amore
sulla cattiva strada
sulla cattiva strada.

FABRIZIO DE ANDRE'
Dall'album "In direzione ostinata e contraria" (2005)


AMICO FRAGILE

Evaporato in una nuvola rossa
in una delle molte feritoie della notte
con un bisogno d'attenzione e d'amore
troppo, "Se mi vuoi bene piangi "
per essere corrisposti,
valeva la pena divertirvi le serate estive
con un semplicissimo "Mi ricordo":
per osservarvi affittare un chilo d'era
ai contadini in pensione e alle loro donne
e regalare a piene mani oceani
ed altre ed altre onde ai marinai in servizio,
fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli
senza rimpiangere la mia credulità:
perché già dalla prima trincea
ero più curioso di voi,
ero molto più curioso di voi.

E poi sorpreso dai vostri "Come sta"
meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci,
tipo "Come ti senti amico, amico fragile,
se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te"
"Lo sa che io ho perduto due figli"
"Signora lei è una donna piuttosto distratta."
E ancora ucciso dalla vostra cortesia
nell'ora in cui un mio sogno
ballerina di seconda fila,
agitava per chissà quale avvenire
il suo presente di seni enormi
e il suo cesareo fresco,
pensavo è bello che dove finiscono le mie dita
debba in qualche modo incominciare una chitarra.

E poi seduto in mezzo ai vostri arrivederci,
mi sentivo meno stanco di voi
ero molto meno stanco di voi.

Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta
fino a farle spalancarsi la bocca.
Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli
di parlare ancora male e ad alta voce di me.
Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo
con una scatola di legno che dicesse perderemo.
Potevo chiedere come si chiama il vostro cane
Il mio è un po' di tempo che si chiama Libero.
Potevo assumere un cannibale al giorno
per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle.
Potevo attraversare litri e litri di corallo
per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci.

E mai che mi sia venuto in mente,
di essere più ubriaco di voi
di essere molto più ubriaco di voi.

FABRIZIO DE ANDRE'
Dall'album "In direzione ostinata e contraria" (2005)


SE TI TAGLIASSERO A PEZZETTI

Se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di Dio
di Dio il sorriso.

Ti ho trovata lungo il fiume
che suonavi una foglia di fiore
che cantavi parole leggere, parole d'amore
ho assaggiato le tue labbra di miele rosso rosso
ti ho detto dammi quello che vuoi, io quel che posso.

Rosa gialla rosa di rame
mai ballato così a lungo
lungo il filo della notte sulle pietre del giorno
io suonatore di chitarra io suonatore di mandolino
alla fine siamo caduti sopra il fieno.

Persa per molto persa per poco
presa sul serio presa per gioco
non c'è stato molto da dire o da pensare
la fortuna sorrideva come uno stagno a primavera
spettinata da tutti i venti della sera.

E adesso aspetterò domani
per avere nostalgia
signora libertà signorina fantasia
così preziosa come il vino così gratis come la tristezza
con la tua nuvola di dubbi e di bellezza.

T'ho incrociata alla stazione
che inseguivi il tuo profumo
presa in trappola da un tailleur grigio fumo
i giornali in una mano e nell'altra il tuo destino
camminavi fianco a fianco al tuo assassino.

Ma se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di Dio
di Dio il sorriso.

FABRIZIO DE ANDRE'
Dall'album "In direzione ostinata e contraria" (2005)

Lynyrd Skynyrd: Sweet Home Alab-Ama

Sweet Home Alabama

Big wheels keep on turning
Carry me home to see my kin
Singing songs about the Southland
I miss Alabamy once again
And I think its a sin, yes
Well I heard mister Young sing about her
Well, I heard ole Neil put her down
Well, I hope Neil Young will remember
A Southern man don't need him around anyhow
Sweet home Alabama
Where the skies are so blue
Sweet Home Alabama
Lord, I'm coming home to you
In Birmingham they love the governor
Now we all did what we could do
Now Watergate does not bother me
Does your conscience bother you?
Tell the truth
Sweet home Alabama
Where the skies are so blue
Sweet Home Alabama
Lord, I'm coming home to you
Here I come Alabama
Now Muscle Shoals has got the Swampers
And they've been known to pick a song or two
Lord they get me off so much
They pick me up when I'm feeling blue
Now how about you?
Sweet home Alabama
Where the skies are so blue
Sweet Home Alabama
Lord, I'm coming home to you
Sweet home Alabama
Oh sweet home baby
Where the skies are so blue
And the governor's true
Sweet Home Alabama
Lordy
Lord, I'm coming home to you
Yea, yea Montgomery's got the answer

Lynyrd Skynyrd
Dall'album "Second Helping" (1974)

Cecco Angiolieri: "S'i' fosse foco..."

e mentre a Firenze operava Dante, a Siena s'aggirava il Cecco goliardico e furfante...

- De André, naturalmente, non se l'è fatto sfuggire questo senese irriverente! -

 

S'i' fosse foco, ardere' il mondo
Cecco Angiolieri

S'i' fosse foco, ardere' il mondo;
s'i' fosse vento, lo tempestarei;
s'i' fosse acqua, i' l'annegherei;
s'i' fosse Dio, mandereil'en profondo.

S'i' fosse papa, serei allor giocondo,
ché tutti cristïani embrigarei;
s'i' fosse 'mperator, sa' che farei?
a tutti mozzarei lo capo a tondo.

S'i' fosse morte, andarei da mio padre,
s'i' fosse vita, fuggirei da lui,
similemente faria da mi' madre.

S'i' fosse Cecco, com'i' sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre,
le vecchie e laide lasserei altrui.

03/07/11

Franco Battiato: a noi, quelli capitati nel segno della Bilancia... bilance?! - ah sì, per modo di dire! -

FRANCO BATTIATO

LA CURA



Ti proteggerò, dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura, normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.
E guarirai, da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te...

Vagavo per i campi del Tennessee
come vi ero arrivato, chissà...
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni...
attraversano il mare...

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza,
percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.

Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto,
conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.
Ti salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te...
io sì, che avrò cura di te...

Sometimes...

Dall'album "L'imboscata" - 1996

Mica che sei il mio mago di Oz ... grazie Wall.e ... ora so di avere due belle scarpette!


Il meraviglioso mago di Oz
di L. Frank Baum

Dorothy è una bambina che vive in Kansas con gli zii e il cane Toto. Un giorno, un ciclone solleva la casa di Dorothy, con la bambina e il cane ancora all'interno - per colpa di Toto, infatti, Dorothy non va nel rifugio sotterraneo come invece fecero gli zii-, e la trasporta in volo, depositandola nella Terra Blu dei Munchkin. Nell'atterraggio, la casa schiaccia la Strega Cattiva dell'Est. La Strega Buona del Nord viene a complimentarsi con Dorothy per l'accaduto, e le dona le Scarpette d'Argento della defunta Strega Cattiva. Le spiega, poi, che in tutto il paese di Oz esistono quattro streghe, di cui due buone - la Strega del Nord e la Strega del Sud -, e due cattive - la defunta Strega dell'Est e la Strega dell'Ovest -. Dorothy esprime subito il desiderio di tornare in Kansas dagli zii, e la Strega le consiglia di recarsi dal Mago di Oz, l'unico che avrebbe potuto aiutarla. Per trovare il Mago, le dice, sarà sufficiente seguire la strada di mattoni gialli fino alla Città di Smeraldo. La Strega bacia Dorothy sulla fronte, affermando che grazie a quel bacio nessuno oserà farle del male. Lungo la via, a Dorothy e Toto si uniscono tre compagni di viaggio, i quali decidono di accompagnare la bambina per fare anche loro delle richieste personali al Mago di Oz: lo Spaventapasseri - che vuole chiedere un cervello -, il Boscaiolo di Latta - che vuole chiedere un cuore -, e il Leone Codardo - che vuole chiedere il coraggio -. Durante il viaggio, i quattro incontrano i mostruosi Kalidash, mostri dal busto di orso e la testa di tigre, ma grazie allo sforzo dei tre amici di Dorothy, le terribili creature vengono sconfitte. Andando avanti, trovano un fiume che divide la strada di mattoni gialli e il gruppo costruisce una zattera per attraversarlo, ma lo Spaventapasseri rimane per sbaglio appeso in mezzo al fiume aggrappato al suo remo, e i suoi amici lo salvano grazie all'aiuto di una benevola cicogna. Giungono quindi ad un campo di papaveri, i quali “emanano un odore acuto, capace di addormentare chiunque lo aspiri; e se il dormiente non viene immediatamente allontanato, rischia di non svegliarsi più”. Dorothy, Toto e in seguito il Leone cadono in un sonno profondo, ma per fortuna non lo Spaventapasseri e il Boscaiolo - poiché non sono “creature di carne e sangue” -. Così i due riescono a salvare Dorothy e il cagnolino, ma non riescono a trascinare via il Leone, poiché troppo pesante. Solo grazie all'aiuto della regina dei topi campagnoli, che il Boscaiolo di Latta aveva salvato uccidendo un gatto selvatico, il Leone verrà messo in salvo.

Giunti alla Città di Smeraldo, Dorothy e i suoi compagni vengono invitati ad indossare speciali occhiali “per non essere accecati”; attraverso le lenti, tutto appare verde. Il Mago li riceve uno alla volta, e ad ognuno appare sotto diverse sembianze: a Dorothy come una grande testa; allo Spaventapasseri come una donna splendida; al Boscaiolo come un bizzarro mostro; al Leone come una sfera infuocata. Il Mago promette di aiutarli solo dopo che avranno ucciso la Strega Cattiva dell'Ovest che regna sulla Terra Gialla dei Winkies. 

Durante il viaggio alla ricerca della Strega, Dorothy e i compagni devono affrontare numerosi avversari, mandati dalla Strega dell'Ovest per ucciderli: i lupi, che vengono mozzati dalla scure del Boscaiolo di Latta, le cornacchie, che sono uccise dallo Spaventapasseri, le api nere, che muoiono con i pungiglioni spezzati contro il Boscaiolo - mentre gli altri si erano nascosti sotto l'imbottitura di paglia dello Spaventapasseri -, e l'esercito dei Winkies, che vengono terrorizzati dal ruggito del Leone. Infine, la Strega usa il potere del Cappello Dorato per inviare contro i viandanti le Scimmie Alate. Queste smantellano il Boscaiolo e lo Spaventapasseri, ma non osano far del male a Dorothy, riconoscendo il segno del bacio della Strega Buona del Nord, e si limitano a portarla insieme a Toto e il Leone al castello della Strega Cattiva. Qui, volendo ad ogni costo impossessarsi delle scarpette di Dorothy - che, invece, ne ignora i poteri -, ma sapendo di non poterle torcere neanche un capello, per via del bacio impresso sulla fronte, la Strega dell'Ovest costringe la bambina a lavorare per lei in qualità di serva. Il Leone viene tenuto a digiuno finché non acconsentirà a trainare la carrozza della Strega, ma lui continua a rifiutare - complice Dorothy, che ogni notte gli porta segretamente del cibo -. Quando la Strega Cattiva ruba a Dorothy una delle Scarpette d'Argento, la bambina, infuriata, le lancia addosso un secchio d'acqua, che inaspettatamente provoca la morte della Strega per "scioglimento". I Winkies, felici di essersi liberati della tiranna, aiutano Dorothy a ricostruire lo Spaventapasseri e il Boscaiolo. Al Boscaiolo viene offerto di diventare re dei Winkies: egli accetta, ma non prima di aver aiutato Dorothy a tornare a casa nel Kansas. Usando il Cappello d'Oro sottratto alla Strega, Dorothy invoca le Scimmie Alate, che portano lei e i suoi compagni alla Città di Smeraldo. Il Mago di Oz inizialmente rifiuta di incontrarli, ma in seguito alla minaccia di un attacco delle Scimmie Alate, è costretto ad acconsentire.

Qui, Dorothy e i suoi scoprono che il Mago non è altri che un vecchio ventriloquo proveniente da Omaha, in Nebraska, giunto nella terra di Oz con la sua mongolfiera, che un vento forte aveva disancorato trasportandolo in quella terra sconosciuta. Pur essendo un comune mortale, il Mago riesce ad esaudire i desideri dello Spaventapasseri, infilandogli una melma di crusca e spilli nella testa come cervello, del Boscaiolo, praticandogli una finestrella in petto e riponendo all'interno un cuore di seta cremisi riempito di sabbia, e del Leone, facendogli bere una pozione che, a suo dire, infondeva coraggio. Per ricondurre Dorothy e Toto a casa, il Mago costruisce una nuova mongolfiera, e decide di tornare negli Stati Uniti con loro. Lo Spaventapasseri viene eletto dal Mago nuovo reggente della Città di Smeraldo. A causa di un incidente, tuttavia, la mongolfiera parte con solo il Mago a bordo.

A Dorothy disperata viene consigliata dalla Sentinella dai baffi verdi di chiedere aiuto a Glinda, la Strega Buona del Sud. Tutta la compagnia si rimette quindi in viaggio, questa volta verso la Terra Rossa dei Quadling, anche questa volta affrontando numerosi pericoli lungo la via, come quello degli alberi guerrieri che sbarra loro la strada. Grazie all'accetta del Boscaiolo di Latta, il gruppo riesce a passare incolume. I quattro arrivano nella città di porcellana dove incontrano la graziosa Principessa di porcellana. Tra l'altro, il Leone Codardo uccide un ragno gigantesco che terrorizza gli animali di una foresta, e viene eletto loro Re. Egli acconsente, ma decide di stabilirsi nella foresta solo quando Dorothy sarà partita. Arrivano nel paese delle Teste Martello, strani esseri umanoidi con gambe, un collo allungabile e la loro micidiale testa. Dorothy e i suoi amici superano il paese ostile volando con le Scimmie Alate. Al palazzo di Glinda, Dorothy scopre di aver sempre posseduto gli strumenti per tornare a casa: le Scarpette d'Argento, infatti, possono portarla ovunque. Dopo un saluto accorato, Dorothy “prese in braccio Toto, batté per tre volte uno contro l'altro i tacchi delle Scarpette d'Argento” e torna finalmente a casa, dove riabbraccia i suoi zii.

Cate e Ale, al nostro trio, voi e me ... al dopo, ad Anna, alle "sue" scarpe!

Lorenzo Jovanotti: "io ti cerchero' negli occhi"..."chissà se" - nessuna promessa/nessuna pretesa/nessuna delusione!

IO TI CERCHERO' 
Jovanotti


Come strano incontrarti di sera
in mezzo alla gente,
salutarci come due vecchi amici
"ehi ciao come stai?"

Quando un giorno di notte mi hai detto
"Non ti lascero' mai"
quando un giorno di notte t'ho detto
"Non ti lascero' mai"

E adesso siamo occhi negli occhi
e non serve a niente parlare,
ho la mappa di tutti i tuoi nei la potrei disegnare...
nei tuoi occhi ritrovo i miei giorni di qualche anno fa,
le domeniche senza far niente
e voglia di sincerita'...

Parliamo un po' raccontami quello che fai,
sei la stessa che un giorno m'ha detto
"Non ti lascero' mai"
quando un giorno di notte m'hai detto
"Non ti lascero' mai"
quando un giorno di notte t'ho detto
"Non ti lascero' mai"

Io ti cerchero' negli occhi delle donne
che nel mondo incontrero'...
e dentro quegli sguardi mi ricordero' di noi
chissa' se si chiamava amore...

Nei tuoi occhi mi ritrovo
nell'attimo prima in cui sto per baciarti,
l'universo si ferma un istante
perche' vuole ammirarti...
Tutto il resto mi passa le mani
come la sabbia del mare,
resta solo un diamante che brilla
e che continua a brillare...
Ogni volta che mi torni in mente
continua a brillare,
in un angolo della mia mente
ti continuo ad amare...

Io ti cerchero' negli occhi delle donne
che nel mondo incontrero'...
e dentro quegli sguardi mi ricordero' di noi
chissà se si chiamava amore...


Io ti cerchero' negli occhi delle donne
che nel mondo incontrero'...
e dentro quegli sguardi mi ricordero' di noi


chissà se si chiamava amore...

Dall'album "Lorenzo 1994" - 1994

Ai miei ora, e i miei più...

Ora mi fido, non mi accontento più
[Claudia]


Mi darebbe 
- un po’ - 
di sollievo, poco,
accontentarmi
al pensiero
che non hai saputo
starmi accanto,
che non potevi,
che non avresti potuto,
che non avresti saputo,
che non eri in grado,
che hai preferito
non esserne
in grado,
ti ha fatto comodo
non esserne
in grado.
Ma...
io mi fido di me e
mi fido di te e
- soprattutto -
io
non mi accontento,
io non mi accontento
più.

[dedicata a Gabriele]

Edgar Allan Poe: il corvo che allevia un cuore infranto..."Mai più".

Il Corvo - Edgar Allan Poe


Era una cupa mezzanotte e mentre stanco meditavo

Su bizzarri volumi di un sapere remoto,

Mentre, il capo reclino, mi ero quasi assopito,

D'improvviso udii bussare leggermente alla porta.

"C'è qualcuno" mi dissi " che bussa alla mia porta

Solo questo e nulla più. "

Ah, ricordo chiaramente quel dicembre desolato,

Dalle braci morenti scorgevo i fantasmi al suolo.

Bramavo il giorno e invano domandavo ai miei libri

Un sollievo al dolore per la perduta Lenore,

La rara radiosa fanciulla che gli angeli chiamano Lenore

E che nessuno, qui, chiamerà mai più.

E al serico, triste, incerto fruscio delle purpuree tende

Rabbrividivo, colmo di assurdi tenori inauditi,

Ebbene ripetessi, per acquietare i battiti del cuore:

"È qualcuno alla porta, che chiede di entrare,

Qualcuno attardato, che mi chiede di entrare.

Ecco: è questo e nulla più"

Poi mi feci coraggio e senza più esitare

"Signore, " dissi "o Signora, vi prego, perdonatemi,

Ma ero un po' assopito ed il vostro lieve tocco,

Il vostro così debole bussare mi ha fatto dubitare

Di avervi veramente udito". Qui spalancai la porta:

C'erano solo tenebre e nulla più. "

Nelle tenebre a lungo, gli occhi fissi in profondo,

Stupefatto, impaurito sognai sogni che mai

Si era osato sognare: ma nessuno violò

Quel silenzio e soltanto una voce, la mia,

Bisbigliò la parola "Lenore" e un eco rispose:

"Lenore". Solo quello e nulla più.

Rientrai nella mia stanza, l'anima che bruciava.

Ma ben presto, di nuovo, si udì battere fuori,

E più forte di prima. "Certo" dissi "è qualcosa

Proprio alla mia finestra: esplorerò il mistero,

Renderò pace al cuore, esplorerò il mistero.

Ma è solo il vento, nulla più. "

Allora spalancai le imposte e sbattendo le ali

Entrò un Corvo maestoso dei santi tempi antichi

Che non fece un inchino, né si fermò un istante.

E con aria di dame o di gran gentiluomo

Si appollaiò su un busto di Palladie sulla porta

Si posò, si sedette, e nulla più.

Poi quell'uccello d'ebano, col suo austero decoro,

Indusse ad un sorriso le mie fantasie meste,

"Perché" dissi "rasata sia la tua cresta, un vile

Non sei, orrido, antico Corvo venuto da notturne rive.

Qual è il tuo nome nobile sulle plutonie rive? "

Disse il Corvo: "Mai più".

Ma quel corvo posato solitario sul placido busto,

Come se tutta l'anima versasse in quelle parole,

Altro non disse, immobile, senza agitare piuma,

Finché non mormorai: "Altri amici di già sono volati via:

Lui se ne andrà domani, volando con le mie speranze"

Allora disse il Corvo: "Mai più".

Trasalii al silenzio interrotto da un dire tanto esatto,

"Parole" mi dissi "che sono la sua scorta sottratta

A un padrone braccato dal Disastro, perseguitato

Finché un solo ritornello non ebbe i suoi canti,

Un ritornello cupo, i canti funebri della sua speranza:

Mai, mai più".

Rasserenando ancora il Corvo le mie fantasie,

Sospinsi verso di lui, verso quel busto e la porta,

Una poltrona dove affondai tra fantasie diverse,

Pensando cosa mai l'infausto uccello del tempo antico.

Cosa mai quel sinistro, infausto e torvo anomale antico

Potesse voler dire gracchiando "Mai più".

Sedevo in congetture senza dire parola

All'uccello i cui occhi di fuoco mi ardevano in cuore;

Cercavo di capire, chino il capo sul velluto

Dei cuscini dove assidua la lampada occhieggiava,

Sul viola del velluto dove la lampada luceva

E che purtroppo Lei non premerà mai più.

Parve più densa l'aria, profumata da un occulto

Turibolo, oscillato da leggeri serafini

Tintinnanti sul tappeto. "Infelice" esclamai "Dio ti manda

Un nepente dagli angeli a lenire il ricordo di Lei,

Dunque bevilo e dimentica la perduta tua Lenore! "

Disse il Corvo "Mai più".

"Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

Tu sei o demonio, se il maligno" io dissi "ti manda

O la tempesta, desolato ma indomito su una deserta landa

Incantata, in questa casa inseguita dall'Onore,

Io ti imploro, c'è un balsamo, dimmi, un balsamo in Galaad? "

Disse il Corvo: "Mai più".

"Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

Tu sei o demonio, per il Cielo che si china su noi,

Per il Dio che entrambi adoriamo, dì a quest'anima afflitta

Se nell'Eden lontano riavrà quella santa fanciulla,

La rara raggiante fanciulla che gli angeli chiamano Lenore".

Disse il Corvo: "Mai più".

"Siano queste parole d'addio" alzandomi gridai

"uccello o creatura del male, ritorna alla tempesta,

Alle plutonie rive e non lasciare una sola piuma in segno

Della tua menzogna. Intatta lascia la mia solitudine,

Togli il becco dal mio cuore e la tua figura dalla porta"

Disse il Corvo: "Mai più".

E quel Corvo senza un volo siede ancora, siede ancora

Sul pallido busto di Pallade sulla mia porta.

E sembrano i suoi occhi quelli di un diavolo sognante

E la luce della lampada getta a terra la sua ombra.

E l'anima mia dall'ombra che galleggia sul pavimento

Non si solleverà "Mai più" mai più.

Ma siamo sicuri - sì - che i racconti sono per bambini? perchè a me l'altro ieri è comparso il primo capello bianco...

...e noi ci stiamo crescendo un sacco con queste pagine...tocca pensare che siamo delle bambine dentro!
poi non lamentatevi se i piccoli dentro e fuori vi vengono su un po' agitati!

Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie

di Lewis Carroll, pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson


Seguendo un coniglio bianco, il "Bianconiglio", Alice cade letteralmente in un onirico mondo sotterraneo fatto di paradossi, di assurdità e di nonsensi. Nella sua caccia al coniglio le accadono le più improbabili disavventure. Segue il coniglio attraverso la tana, ma cade lentamente in uno strano tunnel. Arrivata in fondo, trova una stanza piena di porte, ma tutte chiuse e tutte minuscole. Guardando attraverso una serratura, scorge un bellissimo giardino e vuole raggiungerlo, ma è troppo grande. Allora scorge su d'un tavolo di vetro una chiave, ma lei è sempre troppo grande per passare attraverso la porta. Viene in suo aiuto una bottiglia con su scritto "bevimi". Infatti il contenuto la fa rimpicciolire, ma giunta alla porta, si rende conto d'aver lasciato la chiave sul tavolo. Assaggiato un pasticcino comparso dal nulla con su scritto "mangiami" diventa enorme. Ora può prendere la chiave ma di nuovo non passa dalla porta. Affranta, scoppia in lacrime, che allagano la stanza. Ritrovata la bottiglia, riesce a rimpicciolirsi e scomparsa la stanza, si trova in compagnia d'un topo e altri animali: parrocchetto, dodo, aquilotto. Il topo abbozza una storia ma poi scatta la "corsa confusa" dove tutti gli animali corrono in circolo, chi inizia dopo chi smette prima. Alla fine della corsa, però, tutti sono asciutti.
Allontanatasi da questa compagnia, Alice ritrova il coniglio bianco e la sua casetta. Entrata in casa per cercare guanti e ventaglio del coniglio, mangia di nuovo, diventando ancora una volta enorme, tanto che le braccia le escono dalle finestre. Il coniglio, allarmato, chiama a raccolta Bill la lucertola che prova a passare attraverso il camino, ma Alice lo scaccia con un calcio. Fallita la spedizione di Bill, il coniglio tira sassi ad Alice che però diventano pasticcini. Mangiatone uno, ridiventa piccolissima e fugge dalla casa. Scansato il pericolo del cucciolo gigante, Alice s'intrattiene col Brucaliffo, che trova su d'un fungo a fumare un Narghilé. Prima d'andarsene, dopo essere diventato farfalla usando una nuvola di fumo come bozzolo, il bruco le rivela che le due parti del fungo la possono far crescere e rimpicciolire a suo piacimento. Al primo tentativo, Alice si ritrova con un collo lunghissimo, che fa sì che un piccione la scambi per un serpente. Ritrovate le giuste proporzioni, Alice si rimette in moto. Nel bosco giunge alla casa della duchessa. Assiste allo scambio d'inviti dei due messi - un pesce e un ranocchio - col quale la regina di cuori invita la duchessa ad una partita di croquet. La casa della duchessa è molto strana: lei sta infastidita, a cullare un bambino che urla e starnuta per l'aria satura di pepe, mentre la cuoca che rimesta la zuppa, di tanto in tanto, lancia stoviglie e pentole in ogni dove. La duchessa lascia però presto Alice per andare a prepararsi alla partita, donandole il bimbo in fasce che si trasforma in porcellino e corre via nel bosco. Dopo aver scambiato quattro chiacchiere col gatto del Cheshire che sogghigna e compare e scompare a pezzi, Alice giunge alla casa della Lepre Marzolina che sta prendendo il te' col Cappellaio Matto. Questi due personaggi, in compagnia del ghiro, prendono il tè cambiando continuamente posto, spostandosi di tazza in tazza. Alice viene così a sapere che l'orologio del cappellaio segna sempre il giorno, ma non l'ora, e le viene sottoposto un indovinello: "perché uno scrittoio è come un corvo", indovinello al quale non c'è soluzione. Dopo aver lasciato il pazzo ricevimento del tè, Alice trova la strada per il castello della regina, dove trova i soldati con il corpo costituito da carte da ramino di picche che dipingono di rosso le rose che per sbaglio sono state piantate bianche. In quel momento arriva il corteo della regina: ci sono le picche - giardinieri -, i quadri - cortigiani -, i fiori - guardie -, i cuori - principi -. Alice cerca di controllare il suo fenicottero per iniziare la partita a croquet. La Regina, subito aggressiva, invita Alice a giocare a croquet, ma il campo è pieno di buche, si utilizzano le carte come porte, gli istrici come palle e i fenicotteri come mazze. Il gioco è subito una gran confusione di giocatori che urlano e giocano all'unisono. Spesso le porte, carte anche quelle, devono assentarsi per decapitare chiunque capiti a tiro alla regina che ne sentenzia la morte. Riappare la duchessa, momentaneamente uscita dalla prigione in cui la regina l'aveva destinata, e presenta ad Alice il grifone che con fare autoritario, la porta a fare la conoscenza della finta tartaruga. La finta tartaruga serve a fare il finto brodo di tartaruga. La tartaruga racconterà ad Alice di come studiava sul fondo del mare e mostra in coppia col grifone, la quadriglia delle aragoste. Alice si deve interrompere perché nel frattempo è stato istituito il processo, nel quale si giudicherà il fante di cuori, accusato d'aver rubato le tartine pepate. Al processo, annunciato dal coniglio bianco che ora è abbigliato come un araldo, sono presenti i giurati - varie specie di animali -, i testimoni - il cappellaio matto, la cuoca della duchessa e la stessa Alice -. Il ritrovamento di una lettera senza firma con una poesia senza senso, convince tutti che il vero colpevole sia il fante di cuori. "Sentenza prima, verdetto poi" declama la regina, ma Alice, che ha iniziato a diventare sempre più grande, dissente e quando si alza per testimoniare, la sua gonna spazza il tavolo della giuria facendo cadere tutti i giurati. Dopo poco è diventata così grande che non si preoccupa più di re e regine ritrovando la giusta misura della realtà: "non siete altro che un mazzo di carte". Il sogno finisce con Alice che si risveglia tra le braccia della sorella e quindi si dirige a casa per l'ora del tè.

For you alone, it could be our own language, I'd imagine...


Your trusted friend, Bob Marley, there with you in the streets around the world, says: "Truth is, everybody is going to hurt you; you just gotta find the ones worth suffering for."

E c'è Il Piccolo Principe:

In quel momento apparve la volpe.
"Buon giorno", disse la volpe.
"Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
"Sono qui", disse la voce, "sotto al melo…."
"Chi sei?" domandò il piccolo principe, "sei molto carino…"
"Sono la volpe", disse la volpe.
"Vieni a giocare con me", disse la volpe, "non sono addomesticata"
"Ah! scusa", fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
"Che cosa vuol dire addomesticare?"
"Non sei di queste parti, tu", disse la volpe" che cosa cerchi?"
"Cerco gli uomini", disse il piccolo principe.
"Che cosa vuol dire addomesticare?"
"Gli uomini" disse la volpe" hanno dei fucili e cacciano. E' molto noioso! Allevano anche delle galline. E' il loro solo interesse. Tu cerchi le galline?"
"No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire addomesticare?"
"E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…"
"Creare dei legami?"
"Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma, se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo."
"Comincio a capire", disse il piccolo principe. "C'è un fiore…. Credo che mi abbia addomesticato…"
"E' possibile", disse la volpe "capita di tutto sulla terra…"
"Oh! Non è sulla terra", disse il piccolo principe.
La volpe sembrò perplessa:
"Su un altro pianeta?"
"Sì"
"Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?"
"No"
"Questo mi interessa! E delle galline?"
"No"
"Non c'è niente di perfetto", sospirò la volpe.
Ma la volpe ritornò alla sua idea:
"La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me .Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio per ciò. Ma se tu mi addomestichi la mia vita, sarà come illuminata. Riconoscerò il rumore dei tuoi passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color d'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…"
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
"Per favore …..addomesticami", disse.
"Volentieri", rispose il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, però.
Ho da scoprire degli amici e da conoscere molte cose"
"Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe."Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!"
"Che bisogna fare?" domandò il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe.
"In principio tu ti siederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino…."
Il piccolo principe ritornò l'indomani.
"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe.
"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti"
"Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe.
"Anche questa è una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe.
"E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza"
Così il piccolo principe addomesticò la volpe.
E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah!" disse la volpe, "…Piangerò"
"La colpa è tua", disse il piccolo principe, "Io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…"
"E' vero", disse la volpe.
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano". Soggiunse: "Va' a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio ti regalerò un segreto"
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
"Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente", disse.
"Nessuno vi ha addomesticato e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico e ne ho fatto per me l'unica al mondo"
E le rose erano a disagio.
"Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. "Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro, perché è lei che ho riparato col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa". E ritornò dalla volpe.
" Addio", disse.
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi"
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante"
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…", sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare.
Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
" Io sono responsabile della mia rosa…." Ripetè il piccolo principe per ricordarselo.



Un bel personaggio dei cartoni animati, che non riusciranno mai a creare, perchè è troppo grande per essere definita, ieri mi ha chiesto: ma chi è il tuo piccolo principe?
Io le ho risposto: si chiama Wall.e, non ho idea di dove sia, non ho contatti con lui.
Eppure lui ha iniziato ad aprirmi gli occhi, piano piano.
Mi ha portato alla sorgente del mio percorso - non del suo - e non so nemmeno se lo sa.
Mi sta dando, piano piano, vita.
Io lo sto seguendo, eppure non lo vedo.
Non avevo idea, fino a ieri, quale fosse la storia di Wall.e.
Adesso la so un po' per cenni.
Wall.e è il nome che ho dato, così senza sapere perchè, una sola volta, a Jonathan.
Una sola volta nella mia vita.
Ora mi dico: tu, Wall.e, potresti essere tutto, indefinibile, onestamente: a volte il piccolo principe, a volte la rosa, a volte la volpe...e chissà.
Io continuo a cercarti.

02/07/11

A te, Wall.e, adesso sento che ho molto da perdere, e non "ti darò anche una rosa", nè "una corazza" per alcuna rosa...

IL PICCOLO PRINCIPE

di Antoine Marie Roger De Saint-Exupéry

Al quinto giorno, sempre grazie alla pecora, mi fu svelato questo segreto della vita del piccolo principe.
Mi domandò bruscamente, senza preamboli, come il frutto di un problema meditato a lungo in silenzio:
"Una pecora se mangia gli arbusti, mangia anche i fiori?"
"Una pecora mangia tutto quello che trova". "Anche i fiori che hanno le spine?"
"Sì. Anche i fiori che hanno le spine".
"Ma allora le spine a che cosa servono?"
Non lo sapevo. Ero in quel momento occupatissimo a cercare di svitare un bullone troppo stretto del mio motore. Ero preoccupato perché il mio guasto cominciava ad apparirmi molto grave e l'acqua da bere che si consumava mi faceva temere il peggio.
"Le spine a che cosa servono?"
Il piccolo principe non rinunciava mai a una domanda che aveva fatta. Ero irritato per il mio bullone e risposi a casaccio: "Le spine non servono a niente, è pura cattiveria da parte dei fiori".
"Oh!"
Ma dopo un silenzio mi guardò in faccia con una specie di rancore:
"Non ti credo! I fiori sono deboli. Sono ingenui. Si rassicurano come possono. Si credono terribili con le loro spine..."
Non risposi. In quel momento mi dicevo: "Se questo bullone resiste ancora, lo farò saltare con un colpo di martello".
Il piccolo principe disturbò di nuovo le mie riflessioni. "E tu credi, tu, che i fiori..."
"Ma no! Ma no! Non credo niente! Ho risposto una cosa qualsiasi. Mi occupo di cose serie, io!"
Mi guardò stupefatto. "Di cose serie?"
Mi vedeva col martello in mano, le dita nere di sugna, chinato su un oggetto che gli sembrava molto brutto.
"Parli come i grandi!"
Ne ebbi un pò di vergogna.
Ma, senza pietà, aggiunse: "Tu confondi tutto... tu mescoli tutto!"
Era veramente irritato. Scuoteva al vento i suoi capelli dorati. "Io conosco un pianeta su cui c'è un signor Chermisi. Non ha mai respirato un fiore. Non ha mai guardato una stella. Non ha mai voluto bene a nessuno. Non fa altro che addizioni. E tutto il giorno ripete quello che dici te e si gonfia di orgoglio. Ma non è un uomo, è un fungo!"
"Che cosa?"
"Un fungo!"
Il piccolo principe adesso era bianco di collera.
"Da migliaia di anni i fiori fabbricano le spine. Da migliaia di anni le pecore mangiano tuttavia i fiori. E non è una cosa seria cercare di capire perché i fiori si danno tanto da fare per fabbricarsi delle spine che non servono a niente? Non è importante la guerra fra le pecore e i fiori? Non è più serio e più importante delle addizioni di un grosso signore rosso? E se io conosco un fiore unico al mondo, che non esiste da nessuna parte, altro che nel mio pianeta, e che una piccola pecora può distruggere di colpo, così un mattino, senza rendersi conto di quello che fa, non è importante questo!"
Arrossì, poi riprese: "Se qualcuno ama un fiore, di cui esiste un solo esemplare in milioni e milioni di stelle, questo basta a farlo felice quando lo guarda. E lui si dice: ma se la pecora mangia il fiore, è come se per lui tutto a un tratto, tutte le stelle si spegnessero! E non è importante questo!" Non potè proseguire. Scoppiò bruscamente in singhiozzi.
Era caduta la notte. Avevo abbandonato i miei utensili. Me ne infischiavo del mio martello, del mio bullone, della sete e della morte. Su di una stella, un pianeta, il mio, la Terra, c'era un piccolo principe da consolare! Lo presi in braccio. Lo cullai. Gli dicevo: "Il fiore che tu ami non è in pericolo ... Disegnerò una museruola per la tua pecora... e una corazza per il tuo fiore... Io..."
Non sapevo bene che cosa dirgli. Mi sentivo molto maldestro. Non sapevo bene come toccarlo, come raggiungerlo...
Il paese delle lacrime è così misterioso.

La rosa ed io abbiamo spine; le abbiamo per lo stesso motivo; la rosa muore se colta, se mangiata, deve difendersi, ed è la sua bellezza; io non più, io adesso so di non morire, se veramente colta.